22 gennaio 2021 Cantine

La favola di Nicola Gatta: il rugby, il vino, Gussago

C’era una volta un paesino tra le colline della Franciacorta, chiamato Gussago, dai più sconosciuto. In quel paesino c’era un omone barbuto che scoprì di avere un tesoro sotto ai suoi piedi. Quell’omone capì che da quel tesoro, sarebbero cresciute grandi uve, che avrebbero dato dei vini fantastici, e tutti allora avrebbero conosciuto Gussago.

E così fu. Oggi Gussago è un punto di riferimento per tutti gli appassionati che ricercano da un vino artigianalità, autenticità e legame con il terroir di appartenenza. Ed è soprattutto grazie a Nicola Gatta se Gussago non è più semplicemente un puntino sulla carta geografica ma il tempio del metodo classico non convenzionale nostrano.

Abbiamo fatto una chiacchierata con Nicola, che con straordinaria energia e trasporto ci ha raccontato la sua favola.

Per semplicità abbiamo riportato di seguito l’intervista a Nicola con le abbreviazioni: T sta per Terra, NG per Nicola Gatta.

T: Un anno è appena terminato e la domanda è d’obbligo: qual è il tuo bilancio del 2020 e quali sono i tuoi progetti per il 2021?

NG: Il 2020 è stato un anno difficilissimo per tutti, nessuno escluso, tuttavia personalmente non credo che sia tutto da buttare. Ciò che mi ha colpito nel nostro settore, a tutti i livelli, sono stati i tempi e la capacità di reazione. Molti professionisti del settore hanno dimostrato la loro abilità nell’adattarsi ad una nuova, drammatica situazione in tempi rapidi. Quanto accaduto ha messo in luce l’importanza di saper sviluppare nuove soluzioni e leggere il cambiamento in atto. Facciamo scorta di quanto questo periodo ci ha insegnato, sicuramente siamo tutti cresciuti un po' e abbiamo tirato fuori energie e risorse che non sapevamo neppure di avere. Per quanto riguarda il 2021, l’obbiettivo è lo stesso di sempre, continuare a lavorare con passione e dare spazio alla sperimentazione, il traino del nostro lavoro, ciò che ci fa crescere e amare sempre di più quello che facciamo.

T: Nei tuoi ormai celebri video su Instagram parli spesso di Gussago e del suo terroir, quali sono le peculiarità di questo territorio?

NG: Io amo profondamente il territorio in cui sono cresciuto e dove ho deciso di vivere e lavorare. L’unicità di Gussago e del suo terroir è data da tante variabili, in particolare, ciò che contraddistingue il mio territorio è il suolo. Gussago rappresenta un’area geologicamente a sé, dove i terreni di origine morenica hanno lasciato il posto a suoli più antichi, in prevalenza marini, caratterizzati dalla forte presenza di calcare. Grazie alle caratteristiche del terreno, unite al clima, con continui sbalzi termici, le viti concentrano nei loro frutti grandi profumi e un’accentuata mineralità. Poi, è chiaro, il resto lo fa l’uomo, con le sue scelte e la sua sensibilità.

T: A proposito di terroir, i cambiamenti climatici interferiscono sulla tua produzione? Come poni rimedio alle conseguenze derivanti da essi?

NG: Il problema fondamentale del graduale innalzamento delle temperature risiede nella gestione dell’acidità. Non mi riferisco soltanto all’acidità fissa ma a tutte le componenti acide, bisogna cercare di compensare ciò che la natura ci toglie con vendemmie anticipate e con soluzioni sviluppate in cantina, ad esempio aumentando il livello dell’acido acetico. Sono sentieri pericolosi perché si rischia di andare nella direzione sbagliata ma se non si osa, non si cresce e non si ottengono i risultati sperati. Le politiche adottate dagli Stati per risolvere i problemi legati al clima sono importanti ma certamente non risolvono la situazione  in tempi brevi, nessuno ha la bacchetta magica. E’ un po' come con il covid, non possiamo sederci e aspettare che si torni alla normalità rapidamente, dobbiamo rimboccarci le maniche e cercare di trovare soluzioni che ci consentano di andare avanti.

T: Oltre ai cambiamenti climatici, quali sono le principali difficoltà che incontri nel tuo lavoro?

NG: Non ci sono difficoltà che mi spaventano, i problemi che incontro lungo il percorso sono sempre stimolanti. Mi ritengo fortunato perché il lavoro che faccio mi appassiona e, anche grazie a questo amore per la mia professione, sono arrivato al cuore delle persone; le difficoltà che incontro le affronto con coraggio e mi danno la spinta per migliorare ogni giorno. Quando fai sperimentazioni, ad esempio, ti prendi dei rischi, ma è proprio in quei momenti che ti diverti e capisci quanto sia bello quello che fai. Le uniche difficoltà che in qualche modo ostacolano me, come gran parte degli imprenditori italiani, derivano dall’eccessiva burocrazia di questo paese ma sai benissimo di cosa parlo…

T: Torniamo alle cose belle, quante bottiglie produci ogni anno?

NG: Con i miei circa 5,5 ettari produco dalle 25.000 alle 30.000 bottiglie all’anno.

T: Dato che i tuoi vini sono praticamente introvabili e richiestissimi pensi di aumentare la produzione in futuro? Se sì in che modo?

NG: Il mio obbiettivo non è quello di aumentare sensibilmente la produzione perché la mia struttura organizzativa, sia a livello di persone che di spazi, è adatta a lavorare con questi volumi.  Potrei svilupparmi acquisendo altri vigneti sulla collina ma non è semplice trovarne e, ricollegandoci a quanto detto prima, la burocrazia non ci facilita perché i diritti di impianto in Italia sono vincolati. Proveremo a aumentare la produzione di qualche bottiglia ma senza inficiare in alcun modo la qualità del prodotto, escludendo categoricamente l’acquisto di uve provenienti da altre aree. I miei vini non devono mai perdere la loro unicità e la autenticità data dal terroir di questo fazzoletto di terra che è Gussago.

T: Che cosa ti aspetti dalla vendemmia 2020?

NG: Questa annata, così come la 2018 e la 2019 ci sta regalando grandi soddisfazioni. Dalla mia breve esperienza, ho 17 vendemmie sulle spalle, credo che queste 3 annate siano veramente valide da un punto di vista qualitativo. Ovviamente il potenziale di un’annata, nell’ambito del metodo classico, necessita di un po' di tempo per essere valutato, i primi risultati del 2020 li vedremo non prima del 2024 ma per ora sono positivo. Lavorando sulla spumantizzazione, con lunghe permanenze sui lieviti, occorre capire in anticipo quale sarà l’evoluzione del prodotto; questo è uno degli aspetti più complessi ma contemporaneamente più suggestivi del lavoro del vigneron.

T: C’è un produttore a cui ti ispiri o che ami particolarmente?

NG: Chi fa il mio lavoro non può non amare e non guardare con ammirazione la Champagne; i vigneron di questa area geografica hanno una lunga tradizione alle spalle e un terroir unico al mondo. Adoro Selosse, uno dei miei produttori preferiti di champagne, ogni volta che bevo un vino di Selosse imparo qualcosa e, per questo, credo che sia un importante punto di riferimento. Spostandoci su altri territori, amo molto i vini dello Jura: i vini ossidativi, i vins jaune, i trousseau; per fare qualche nome Domaine Labet e Aviet. Poi c’è la Borgogna, negli ultimi tempi ho bevuto ed apprezzato molto i vini di Koji un giapponese trasferitosi a Gevrey Chambertin che fa dei vini fantastici a prezzi ancora abbordabili. In generale comunque, non mi fossilizzo mai su una zona o un produttore, assaggio, provo. Quando un vino ci regala delle emozioni, rispetta e rispecchia il terroir di appartenenza, si va oltre il nome o l’etichetta.

T: Nella filiera dal produttore al consumatore quali sono secondo te le dinamiche che si potrebbero cambiare in meglio?

NG: Credo che il prezzo sia la chiave della questione; il prezzo rappresenta, al contempo, il problema e la sua soluzione. Io ho pieno rispetto di chi lavora per promuovere e vendere i miei vini sul territorio nazionale, dai distributori alle più piccole attività. Per questo motivo non ho uno shop online e non vendo in cantina a prezzi più bassi, il prezzo deve tenere conto di tutta la filiera e tutti devono poter lavorare serenamente e guadagnare. Chi viene da me in cantina, trova prezzi più alti rispetto a quelli del mercato, i visitatori non devono venire qui pensando di spendere meno e fare scorta; chi viene qua deve farlo per vivere un’esperienza, toccare con mano il lavoro del vigneron, conoscere il produttore, degustare. Il vino poi vai a comprarlo al Terra, o nelle altre enoteche sparse in tutta Italia.

T: Qual è la parte che ami di più del tuo lavoro?

NG: In realtà tutti i passaggi del mio lavoro mi entusiasmano, dalla gestione della vigna alla vendita del prodotto. Mi piace stare tra i filari ma mi piace anche parlare con te in questo momento e raccontarti la filosofia che c’è dietro il mio lavoro. Sicuramente un aspetto molto suggestivo è la preparazione delle cuvée, una fase in cui si esprime tutta la magia della creazione di un vino. Mi piace molto anche la potatura invernale, è un'altra fase emozionante. In generale amo i momenti in cui la natura e l’azione dell’uomo si incontrano per dare vita ad un prodotto straordinario, quale è il vino. L’intervento dell’uomo è fondamentale ed è ciò che rende il tuo vino diverso dagli altri, bisogna essere bravi a lavorare l’uva nel rispetto della sua natura e delle sue caratteristiche intrinseche, agire rispettando ciò che la natura fa da sé. 

T: Quale pensi che sia il punto di forza dei tuoi vini?

NG: Credo che i miei vini siano autentici, rispettino molto il terroir di Gussago. Sicuramente è stato importante per me entrare in contatto con tante persone, operatori del settore ma anche semplicemente appassionati e consumatori che hanno voluto approfondire con me la conoscenza di questo territorio. La mia forza sta nell’unione di tante persone, a partire da me, che hanno creduto in Gussago e nel mio lavoro, nel mio modo di esprimermi.  Anche i social mi danno una mano a trasmettere la mia passione, il mio amore per la mia terra e il mio lavoro.

T: Chi sarebbe oggi Nicola Gatta se non avesse fatto il viticoltore?

NG: Prima di fare il vigneron, ero un giocatore di rugby professionista, all’epoca credevo che quello sarebbe stato il mio futuro, poi un brutto infortunio mi ha costretto a fermarmi. Il vino mi è sempre piaciuto, provengo da una famiglia di viticoltori ma non credevo che sarebbe stata la mia strada. Dopo l’infortunio mi sono ritrovato un po' spiazzato poi, con un diploma di perito agrario e un’azienda di famiglia, ho deciso che avrei potuto fare il vigneron. Con tanti dubbi e tante incertezze ho intrapreso questo percorso e oggi sono felice delle mie scelte.

T: Quando hai elaborato il tuo progetto cosa avevi in mente? Cosa volevi raccontare con i tuoi vini?

NG: La mia famiglia era uno dei tanti produttori in Franciacorta, portava avanti il lavoro in maniera tradizionale, io volevo fare qualcosa di nuovo. Sono partito con l’idea di recuperare dei vigneti di famiglia sulla collina di Gussago che non venivano più coltivati perché erano scomodi e poco produttivi. Lavoravo nell’azienda di famiglia e parallelamente portavo avanti il mio percorso personale con quei vigneti e la cantina di mio nonno. Da lì ho sviluppato la mia visione, l’idea di fare vini artigianali riducendo al minimo l’uso di qualsiasi sostanza chimica, prima in vigna poi, gradualmente, in cantina. Tra errori, tentativi falliti e delusioni, sono cresciuto come vigneron e come uomo. Non è stato facile arrivare fini qui, 20 anni fa la Franciacorta aveva uno stile ben preciso e stava andando forte, pensare a qualcosa di diverso sembrava folle, ma io ci ho creduto fortemente e con me altre persone che mi hanno accompagnato in questo percorso.

T: Qual è tra i tuoi vini quello che più ti rappresenta?

NG: Non ho dubbi, Ombra. E’ il vino che rappresenta di più me, Gussago e il suolo calcareo di questo territorio. E’ sapido, teso, è un vino non troppo complesso ma mai banale, fruibile ma estremamente identitario. Inoltre è l’etichetta che produco in quantità maggiore e che quindi, più degli altri, contribuisce a far conoscere e apprezzare la mia azienda sul mercato.  

Con quest’ultima risposta ritorniamo a Gussago, da dove siamo partiti. Abbiamo percorso un viaggio lungo i quasi vent’anni di attività di Nicola, un viaggio nel tempo emozionante, con una costante: l’amore per il vino e per la sua terra.

Concludiamo così questa intervista. Nicola è un fiume in piena, parla del suo lavoro con fervente trasporto e noi lo ascolteremmo per ore, ma per ora ci accontentiamo. Speriamo di rifare al più presto una chiacchierata con lui, magari di persona, magari recuperando quella convivialità che tanto ci manca e che il vino sempre ci sa regalare.

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